LA SCENA DEL CIRCO CAMBIATO. Nuove frontiere dell’ibridazione artistica

[di Silvia Mei] L’interesse crescente verso i fenomeni di circo attuale riposa principalmente nella progressiva ibridazione dei linguaggi che lo ha riguardato, massicciamente, negli ultimi venti anni, producendo esperienze al limite del sapere di genere. Inoltre la vocazione a una comunicazione diretta, il carattere popolare e la malleabilità dei formati hanno reso le arti circensi sempre più appetibili ad operatori di vari settori. Al di là di mere considerazioni mercantili e opportunità puramente ministeriali (la “multidisciplinarietà” del legislatore), l’arte del circo si attesta oggi come una speciale piattaforma di osservazione delle mutazioni in atto nella lingua dell’arte, e questo in virtù di tratti “incolti” (la friche di Gilles Clément) che la rendono a pieno titolo uno “spazio indeciso” (ancora Clément). In quanto area di accoglienza di alterità linguistiche non banalmente transitorie, si è addirittura giunti ad affermare, seppur con intento provocatorio, che il circo non esiste. E in effetti non esiste più il circo della tradizione – quello che abbiamo in mente, a partire dall’immaginario ottocentesco, e che è oggi residuale, museificato – tantomeno quello “nuovo”, già in fase di storicizzazione, che ha rifondato la disciplina nei primi anni Ottanta del secolo scorso. Le esperienze più significative del panorama circense… Continua a leggere

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UN’ESTATE ITALIANA

[di Silvia Mei] Pare una lunga, interminabile stagione di mezzo, l’estate festivaliera che investe la nostra penisola nell’arco di quasi cinque mesi, per non dire sei. Una mezza stagione che copre, appunto, metà anno solare, da maggio a settembre, con anticipazioni in aprile e prolungamenti in ottobre. Ma anche l’altra stagione, dopo quella consueta degli abbonamenti annuali. Sarebbe comunque fin troppo ottimistico considerarla una costellazione nella galassia del sistema teatro italiano. Da una parte per lo scollamento sempre più marcato con le stagioni stabili (quelle dei Teatri Nazionali), dall’altro per l’assenza di un tessuto connettivo (ideale, se si vuole) che tenga insieme le componenti di un paesaggio sempre più perturbato da instabilità climatiche e rovesci temporaleschi. L’estate del terzo millennio è ufficialmente tropicale. Non sai mai come vestirti, l’acquazzone è sempre in agguato e l’afa umida di una pioggia imprevista fa da prologo a un sole essiccatore. Verrebbe da dire, per citare una canzone un po’ retrò, un po’ nostalgica, e neanche troppo pop, odio l’estate. Il critico temerario che volesse battere – e chi scrive non si è voluta sottrarre quest’anno all’eroica impresa – i principali festival italiani dovrebbe farsi scritturare dalla propria testata per una “tournée” da fisici temprati (a tutto). Bisogna… Continua a leggere

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NON È UN TEATRO PER BAMBINI. “Five Easy Pieces” di Milo Rau

[di Silvia Mei] L’impressione che si registra vedendo l’ultimo spettacolo di Milo Rau – acclamato regista svizzero rivelazione di questa estate festivaliera – è di trovarsi di fronte a un genio o a un furbo mestierante. E il suo Five Easy Pieces (creazione in prima nazionale a Short Theatre 11, Roma poi a Terni Festival e a Contemporanea, Prato), è il tipico spettacolo che divide: non perché spacca in due l’opinione di pubblico e critica, ma perché “divide” lo spettatore stesso, sollecitando nell’arco di un’ora e mezzo di rappresentazione un magma di emozioni contrastanti. Il pregiudizio cede il passo alla compassione, lo spirito dubbioso all’emotività, l’orrore alla tenerezza. Se ne esce, per così dire, frastornati e scossi. Il fenomeno Milo Rau (classe 1977) è comunque tutt’altro che fatto recente, sebbene il riconoscimento artistico si attesti a partire dal 2012 (dopo una serie di premi e inviti a prestigiose istituzioni, anche le due importanti retrospettive a Berlino e a Parigi tra il 2014 e il 2015). La sua formazione non è certo improvvisata: solida nelle scienze sociali e in filosofia (è stato allievo diretto di Todorov e Bourdieu) ma decisamente ibrida negli esiti performativi (a partire dal 2002). Qui convergono i… Continua a leggere

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FOCUS 1 | L’ETERNA STAGIONE DEI FESTIVAL

[di Silvia Mei] Con questo focus, che inaugura il nuovo progetto editoriale per il web di «Culture Teatrali», riuniamo differenti oggetti critici intorno alla programmazione proposta dai numerosi festival italiani nell’estate 2016. Nel concepirlo si è inteso tracciare linee di senso e sguardi analitici rispetto a fenomeni in atto riportati sull’offerta spettacolare vista, qui selezionata e riferita attraverso formati e linguaggi distinti. Il passaggio di Milo Rau, scrittore, giornalista, regista teatrale e cinematografico, è stato indubbiamente l’evento più significativo di questa estate festivaliera, confermandosi come uno dei registi della scena contemporanea più interessanti nonché il più “ricercato” dai teatri d’Europa. Si è preferito riservare uno spazio apposito al suo spettacolo Five Easy Pieces, arrivato in prima nazionale a Short Theatre di Roma, mentre abbiamo riunito in un medaglione tematico l’espressione più avanzata e ibrida del macrocosmo delle arti circensi, specola privilegiata di osservazione dell’attuale polverizzazione dei generi. Da qui la scelta di una scrittura che si confrontasse col formato recensione e un’osservazione dei fatti scenici con lenti e gradi diversi di prossimità. UN’ESTATE ITALIANA NON È UN TEATRO PER BAMBINI. “Five Easy Pieces” di Milo Rau LA SCENA DEL CIRCO CAMBIATO. Nuove frontiere dell’ibridazione artistica Continua a leggere

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