CHIAMALA COL SUO NOME. Rileggendo “Come d’aria” di Ada D’Adamo

[di Francesca Sivo]   «Sei Daria. Sei D’aria. L’apostrofo ti trasforma in sostanza lieve e impalpabile. Nel tuo nome un destino che non ti fa creatura terrena, perché mai hai conosciuto la forza di gravità che ti chiama alla terra». Comincia così, con un raffinato gioco di parole, anticipato già dal titolo, il romanzo d’esordio di Ada D’Adamo, vincitore postumo del Premio Strega 2023: Come d’aria [pubblicato nella collana Scatti di Elliot Edizioni, n.d.r.]. Un gioco di parole che, come un fuso, sembra riavvolgere in un attimo tutto il filo del racconto di una vita sul crinale della poetica del nomen/omen tanto cara agli antichi, e torna a riproporsi uguale e diverso nel finale: in una sorta di Ringkomposition, che attribuisce nuova forma e nuova sostanza al concetto di identità come attraversamento ed “incorporazione” dell’altro da sé, concetto peraltro nodale nella semantica della danza e nell’ambito delle ricerche e degli studi condotti su questa disciplina così importante nell’universo vitale e letterario dell’autrice*. «Finirò col disciogliermi in te? Sono Ada. Sarò D’aria»: sono queste le ultime parole con cui si conclude la lettera-testamento che la scrittrice abruzzese indirizza alla sua unica figlia, Daria, consegnando insieme a quelle pagine, a lei che… Continua a leggere

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ANIMALI DA PALCOSCENICO: tra scandalo e censure nella scena italiana del Duemila

[di Silvia Mei]   Dai tempi della replica di Genet a Tangeri di Magazzini Criminali, proposta nel mattatoio di Rimini per Santarcangelo 1985, il teatro non ha mai urtato così tanto – e soprattutto in Italia – la sensibilità pubblica come negli anni Zero. Vivi o virtuali, in presenza o in forma di simulacro, gli animali in scena aprono la ferita tragica dell’indifferenza originaria tra uomo e animale, e scoprono il nervo scoperto del consumismo e della sovrana «macchina antropologica» (Giorgio Agamben) che regola, nella società occidentale, i principi della vita. Con la sua innocenza da creatura indifesa e nello stesso tempo con la sua ferocia bestiale, l’animale ci mette di fronte alla nostra essenza predatrice, all’istinto arcaico del cacciatore, che abbiamo rimosso nella catena di “smontaggio” dei macelli (non è qui che l’animale viene sfigurato e reso irriconoscibile?); oppure addomesticato, facendo dei più vari animali dei fedeli compagni, dei vicini mansueti ma pur sempre incattiviti (da collari, museruole, gabbie e gabbiette, vasche, recinti, ruote…) in ambienti tutt’altro che ospitali. La scena contemporanea ci mostra così, in modo accanito e provocatorio, una faccia del selvatico che scuote, indigna, scandalizza: perché ci disincanta e ci rammenta quanto ogni giorno perpetriamo sui… Continua a leggere

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BENEDETTO MARZULLO E IL DAMS, la sua opera più grande

[di Marco De Marinis]   Il 9 giugno di cento anni fa nasceva Benedetto Marzullo, insigne grecista e soprattutto “inventore” del Dams bolognese e sua guida nei primi cinque anni di esistenza. Quello che segue è l’intervento da me tenuto pochi giorni fa all’Università di Tor Vergata/Roma 2, dove egli chiuse la sua carriera di insegnante, per il convegno Da Omero a Umberto Eco. Divagazioni della memoria. Centenario della nascita di Benedetto Marzullo, tenutosi presso il Dipartimento di Studi Letterari, Filosofici e di Storia dell’Arte. In quella occasione è stata inaugurata la Biblioteca di Studi Classici e medievali “Benedetto Marzullo”, costituita grazie alla generosa donazione degli eredi. Ho messo piede al Dams di Bologna per la prima volta nel novembre del 1971 a ventidue anni, appena laureato in Letteratura greca, e ne sono uscito definitivamente nel novembre 2021. Dunque cinquant’anni tondi. Non credo che siamo in tanti a condividere questo record di longevità, e questo privilegio. In mezzo secolo al Dams bolognese, e più precisamente al Dipartimento di Musica e Spettacolo (oggi Dipartimento delle Arti), ho rivestito tutti gli incarichi e le responsabilità possibili, compresi la direzione del Dottorato di cinema, musica e teatro e del Centro di promozione teatrale… Continua a leggere

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Call for Papers – «Culture Teatrali» n. 33/2024

[english see below]   In vista dell’uscita dell’annale n. 33/2024, «Culture Teatrali» lancia una call finalizzata all’acquisizione di contributi, riuniti nella sezione monografica, sul tema della nona conferenza della International Platform for Performer Training dal titolo: After the Empty Space: From Traditional Settings to New Creative Ecologies. Sono accolti articoli in italiano e in inglese. Lunghezza abstract: max. 2.000 caratteri spazi inclusi (circa 500 parole) corredati di link al cv Termine consegna abstract: 15 novembre 2023 agli indirizzi ippt.italy@gmail.com e rivista.cultureteatrali@gmail.com con oggetto “Call for Papers 33-2024”. Data comunicazione accettazione: 30 novembre 2023 Termine consegna contributi: 30 aprile 2024 Uscita volume: dicembre 2024   Presentazione Partendo dall’essenzialità della relazione tra attore, pubblico e spazio descritta da Peter Brook nel suo Lo Spazio Vuoto (1968), la Call for Papers invita contributi sull’evoluzione della nozione di spazio sia come questione tecnica del contesto performativo sia come elemento fondante le ecologie creative emergenti. Lo spazio scenico è “funzione interdipendente della composizione teatrale” (Solga 2019) e informazione fondamentale nella lettura dell’avvenimento scenico sia per gli interpreti che per il pubblico. Se il performer acquisisce nella pratica artistica le competenze psicofisiche per agire nello spazio della performance, lo spazio stesso è soggetto a una continua… Continua a leggere

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