FOCUS 5 | IN THE FRAME OF ÀMINA: ALESSANDRO CARBONI – Dalla Sardegna a New York, e ritorno

[di Fabio Acca]

Alessandro Carboni è un artista visivo, performer, coreografo e ricercatore, la cui produzione artistica e concettuale ruota intorno alla complessa rete di corrispondenze e permutazioni che intercorrono tra lo spazio e i suoi elementi costitutivi (persone, luoghi, relazioni, significati) a partire dalla nozione di “cartografia”, intesa – secondo la definizione del vocabolario Treccani adottata dallo stesso Carboni – come «rappresentazione ridotta della superficie terrestre e dei fenomeni che su di essa si osservano e si svolgono»[1].

Attivo sulla scena italiana e internazionale dalla fine degli anni Novanta, si può dire appartenga alla generazione di artisti che risponde alle sollecitazioni del contemporaneo individuabili sempre più come territorio “anfibio” e di confine tra le arti. Un ambito in cui la scrittura scenica, spesso applicata anche al contesto urbano, diviene un efficacissimo campo di sperimentazione, facendosi portatrice di una dimensione ampia ed elastica del performativo senza tuttavia rinunciare a valori riconducibili anche a una sensibilità direttamente organica ai sistemi della coreografia e della danza[2]. In particolare, nei suoi progetti Carboni mette in campo vuoi «pratiche di embodiment, facendo del corpo lo strumento per ripercorre dinamiche dello spazio e componendo un archivio di materiali come fossero “reportage performativi”»[3], vuoi lo spazio scenico come un vero e proprio piano di proiezione da cui far emergere riflessioni e criticità legate al mondo contemporaneo.

Di ritorno in Italia – e in Sardegna, sua terra d’origine – a seguito di un lungo percorso di ricerca e produzione artistica tra Europa e Asia incentrato dal 2007 sullo studio delle relazioni tra spazio urbano e gesto performativo[4], Carboni matura l’esigenza di recuperare stilemi e archetipi che possano trasporre le proprie ricerche su ulteriori piani simbolici e rappresentativi. Nasce così nel 2018 la creazione The Angular Distance Of A Celestial Body, in cui l’azione performativa sostituisce il segno grafico della mappa con il corpo, manifestandosi attraverso una struttura geometrica modulare composta da fili di cotone manipolati dalle gestualità ritualizzate di due performer.

Alessandro Carboni, The Angular Distance Of A Celestial Body, 2018

Dal lavoro scaturisce spontaneamente nell’artista un’evocazione dell’ordito dei tappeti sardi e un conseguente interesse sulle possibili declinazioni del concetto di “tessuto” (urbano, culturale, sociale) e sul «corpo fabbricante» a partire dalla nozione mutuata dal tessitore “filosofo” Luciano Ghersi[5], inteso come veicolo di energie variabili e discontinue in grado di destrutturare e ristrutturare la percezione del sé, del sociale e del mondo.

La ricerca prende nel 2019 il nome di Context e impegna Carboni in un approfondimento sulla nozione di “contesto” (dal latino con-tèxere = tessere insieme, intrecciare) come «l’insieme delle circostanze che definiscono un evento: una riflessione sulla relazione tra gli elementi che lo costituiscono e le stesse condizioni che lo hanno generato»[6]. Un processo che a oggi ha preso progressivamente forma in interventi di vario formato, dalla installazione alla mostra, dalla performance allo spettacolo in spazi teatrali, sostanziandosi intorno all’idea di tessitura e di telaio come modello di complessità e sulle relazioni con le arti visive, i processi cartografici e lo spazio scenico[7]. Il punto di partenza diviene per Carboni la figura geometrica del triangolo, inteso da un lato come forma originaria in cui la verticalità e l’orizzontalità si incontrano in una diagonale, rappresentando visivamente il concetto di proiezione. Parimenti, proprio secondo i principi proiettivi cartografici, costituisce l’unità primaria di suddivisione dello spazio. Dove per “spazio”, diversamente da “luogo”, si intende, appunto, la possibilità di aderire alla regola della ripartizione ordinata in modo continuo e uniforme. Queste unità triangolari nel progetto formano «una rete che diventa un modello narrativo, estetico e performativo, che invita alla contemplazione della serialità, del ritmo, dell’incompletezza. […] I triangoli configurano mondi astratti intessuti di scelte e possibilità, in un’approssimazione geometrica e discreta dello spazio, come una “maglia” mobile interconnessa in cui infinite relazioni e differenze infinitesimali tra gli elementi creano continue ramificazioni»[8].

Ma è nella radice della cultura sarda, nelle strutture appartenenti alla produzione tessile isolana – in particolare il disegno tradizionale che caratterizza la produzione dei tappeti nel paese di Nule, denominato “a fiamma” e rassomigliante appunto una fiamma dall’andamento triangolare o romboidale[9] – che Carboni mette definitivamente a fuoco l’idea di una matrice ricorsiva, in una sorta di pratica visiva/performativa basata sulla installazione e manipolazione di forme geometriche triangolari modulari. Questa fascinazione originaria, o interesse analitico, trova una applicazione intermedia nell’ambito del progetto Àmina[10], che si inserisce nella curva di lavoro dell’artista con alcune azioni di accompagnamento secondo la tripartizione del progetto: una prima raccolta di materiali in Sardegna, anche attraverso interviste ad alcune artigiane e tessitrici dei paesi di Nule, Morgongiori, Mogoro e Samugheo, contestualmente allo studio negli archivi di musei e centri di ricerca che documentano le tradizionali strutture geometriche e modulari della produzione tessile sarda[11]; una residenza a New York, nel corso della quale studiare le connessioni immaginarie sia tra i suddetti motivi geometrici e l’arte minimalista americana, sia tra le gestualità e le strutture modulari elaborate nella produzione tessile isolana, i “diagrams” di Sol LeWitt e, più in generale, la Textile Art; infine, una restituzione in Sardegna, in rapporto diretto con un ambiente “naturale” e organico in eterno movimento, a verifica del materiale prodotto.

Le sezioni che seguono ne ricostruiscono con dovizia di particolari il processo creativo e le tappe di lavoro sul campo nell’ambito di Àmina, con un approccio al contempo critico e testimoniale.

A New York

In Sardegna, il racconto di un esperimento

Alessandro Carboni, Context / Trio, 2021

NOTE

[1] Cfr. https://www.treccani.it/enciclopedia/cartografia (ultima consultazione: 30 novembre 2022).

[2] Per una interpretazione sintetica del fenomeno mi permetto di rinviare alla sezione monografica, a cura di chi scrive, Scena anfibia e nuove pratiche coreografiche del presente, in «Culture Teatrali», 2021, n. 30, pp. 9-125; e ancora, sempre di chi scrive, Appunti per una lettura coreografica della scena italiana del terzo millennio, in «Hystrio», n. 1/2022, pp. 30-31. Sull’attività artistica di Carboni cfr. almeno: Mauro Petruzziello (a cura di), Iperscene. Citta di Ebla, Cosmesi, Gruppo nanou, Ooffouro, Santasangre, Roma, Editoria & Spettacolo, 2007, pp. 121-156; Alessandro Carboni, WBNR – Whay Burns Never Returns, in «Art’O», n. 26, autunno 2008, pp. 88-97; Alessandro Carboni, Rethinking Human Energies, in Massimo Schiavoni (a cura di), Performativi: per uno sguardo scenico contemporaneo, Camerano, Gwynplaine, 2011, pp. 195-200; Alessandro Carboni, Overlapping Discrete Boundaries, in Pietro Gaglianò e Paolo Ruffini (a cura di), Prometeo: focus on art and science in the performing arts / esperienze di forme in movimento nello spazio contemporaneo, Spoleto, Editoria & Spettacolo, 2011, pp.  23-25; Fabio Acca (a cura di), Conversazione con Alessandro Carboni, in Fabio Acca e Alessandro Pontremoli (a cura di), La Rete che danza. Azioni del Network Anticorpi XL per una cultura della danza d’autore in Italia 2015-2017, Ravenna, Edizioni Cantieri, 2018, pp. 150-155.

[3] Piersandra Di Matteo, Urban Mapping e pratiche performative, in «Artribune», 27 maggio 2025, https://www.artribune.com/attualita/2015/05/urban-mapping-performance-corpo/ (ultima consultazione: 30 novembre 2022).

[4] Su tale fase di ricerca e i suoi esiti, Carboni ha realizzato anche scritture, pubblicazioni e articoli di carattere scientifico, raccolti e consultabili sul suo sito alla pagina https://www.alessandro-carboni.com/writing (ultima consultazione: 30 novembre 2022).

[5] Cfr. Luciano Ghersi, Madre tessitura e prodotto industriale, in http://www.hypertextile.net, 2000 (ultima consultazione: 30 novembre 2022).

[6] Alessandro Carboni, dalla presentazione del progetto Context, in www.alessandro-carboni.com/context (ultima consultazione: 30 novembre 2022).

[7] Le diverse articolazioni, performative e installative, hanno debuttato nell’ambito di Kilowatt Festival, a Sansepolcro (AR), il 20-22 luglio 2021.

[8] Alessandro Carboni, dalla presentazione del progetto Context, cit.

[9] Cfr. Cosimo Zene, Il dono della tessitura: il tappeto di Nule, in AA.VV., Tessuti. Tradizione e innovazione della tessitura in Sardegna, Nuoro, Ilisso, 2006, pp. 241-265.

[10] La cornice progettuale, curata e realizzata da chi scrive insieme a Valeria Orani/369 gradi nell’ambito del bando IdentityLab 2018-2020 emanato dalla Regione Sardegna, si è articolata tra il 2019 e il 2020 in tre tappe. La prima (l’origine), in Sardegna, come progettazione e individuazione di un’azione connessa al contempo sia alla produzione degli artisti coinvolti che a forme della tradizione culturale isolana; la seconda (il viaggio), a New York, come residenza di ricerca mirata allo studio e alla sperimentazione dell’azione in rapporto alla cultura del contemporaneo; e infine la terza (il ritorno), nuovamente in Sardegna, come restituzione nella forma di un intervento artistico nel paesaggio e in alcuni luoghi evocativi legati ai temi dell’arcaico. Tre momenti distinti, dedicati principalmente all’elaborazione artistica, ma anche a incontri, relazioni e a contesti di condivisione pubblica. In particolare, la terza e ultima tappa in Sardegna si è configurata come un’azione sul territorio che, pur fortemente condizionata dalle restrizioni dettate dalla pandemia, ha reso pubblici gli esiti del progetto a una platea allargata di interessati grazie a una documentazione filmica. Per un quadro esaustivo del progetto e dei sui esiti cfr. www.aminaproject.org. In particolare, il film-documentario dedicato a Carboni, dal titolo Contéx-ere (2021), è stato presentato in prima nazionale nell’ambito della edizione 2022 di “Danza Urbana – Festival Internazionale di Danza nei paesaggi urbani” (Bologna, 9 settembre), ora liberamente accessibile al link www.aminaproject.org/carboni-contextere.

[11] In particolare: le artigiane Eugenia Pinna (Nule), Anna Deriu/S’Iscaccu (Bolotana), insieme a quelle impegnate nella Cooperativa Tessitrici Su Trobasciu (Mogoro); MURATS – Museo Unico Regionale Arte Tessile Sarda (Samugheo – NU), MuVAT – Museo Vivente dell’Arte Tessile (Morgongiori – NU), ISRE – Istituto Etnografico della Sardegna (Nuoro), Museo della tessitura Eugenio Tavolara (Sarule – NU).

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