“MORE LOVE”. UNA NOTA SUL FESTIVAL INTERNAZIONALE DI TEATRO DI SIBIU | 9-18 Giugno 2017

[di Alba Simina Stanciu]

Articolato evento del mondo teatrale internazionale, in galoppante espansione tanto nella proposta dei più recenti “prodotti artistici” quanto nella varietà delle diverse forme performative, la XXIV edizione del Festival Internazionale di Teatro di Sibiu (Romania) ha proposto sedici sezioni, a cui hanno partecipato nomi di primo piano delle arti e dello spettacolo. Il Festival, strutturato anche come una piattaforma per il lancio e lo sviluppo della creatività teatrale e del management culturale, favorisce incontri di teorici e artisti, declinati in conferenze, sessioni seminariali, presentazioni di libri e traduzioni di alcune tra le più valide opere specialistiche: una serie di appuntamenti sostenuta dalla presenza di importanti centri accademici internazionali delle arti e dello spettacolo, come ad esempio la Brown University (USA), la Pace School of Performing Arts (New York, USA), la National Academy of Theatre and Film Arts (Sofia, Bulgaria), The State University of New York (USA), e la Kazaliste Virovitica & Umjetnicka Akademija u Osijeku (Croazia).

Il Festival propone altresì alcuni specifici appuntamenti per giovani attori, da workshop sulla tecnica interpretativa, a laboratori di lotte coreografiche (coordinati da prestigiosi esperti quali Adam Lazarus, Andreas Manolikakis, Steven Lantz Gefroh o Elena Kuzin), a sezioni dedicati ai libri, con presentazioni, conferenze e traduzioni. Le quotidiane conferenze del FITS rappresentano un ulteriore polo di interesse del Festival: sono presenti infatti notevoli personalità del teatro contemporaneo, come ad esempio Robert Wilson, Pippo Delbono, Ohad Naharin, e prestigiosi nomi della scenografia e della critica.

Constantin Chiriac, presidente del Festival, ha scelto per l’edizione di quest’anno il tema dell’“amore”, promettendo di leggere una poesia d’amore a ogni incontro con gli specialisti dell’arte e dello spettacolo, con la stampa e con il pubblico, per dimostrare anche in questo modo che «l’amore e il teatro sono inseparabili».

Constantin Chiriac (ph Dragos Dumitru)

Ciascuna sezione ha avuto punti culminanti, spettacoli di riferimento, personaggi-chiave nelle arti performative degli ultimi decenni. A partire dagli spettacoli teatrali, il FITS 2017 ha incluso eventi d’eccezione.

Il primo giorno, il Teatro Nazionale di Sibiu «Radu Stanca» ha visto l’allestimento di Lecture on Nothing di Robert Wilson. Mediante la parola e il teatro, l’artista “impasta” un testo contenente tendenze teoriche musicali, vitali per le avanguardie artistiche sviluppatesi attorno alla metà del XX secolo, e orientate a nuove strutture: il silenzio, il rumore, i suoni “casuali”. Il testo di John Cage Lecture on Nothing si trasforma così sul palcoscenico in un’autentica “partitura”. Un approccio illustrato dallo stesso Wilson durante la conferenza con Constantin Chiriac e George Banu, svoltasi nel secondo giorno della rassegna. Banu, prendendo spunto dal concetto di scontro tra lo spettacolo-monologo (Lecture of Nothing) e lo spettacolo corale, ha scandagliato il percorso artistico del regista, che lo ha condotto verso la sua attuale poetica teatrale, condizionata dall’esplorazione delle più diverse esperienze umane.

Il terzo giorno del Festival è stato contrassegnato da Vangelo, spettacolo di Pippo Delbono (Emilia Romagna, Teatro Fondazione – Pippo Delbono Company), cui sono seguite, nei giorni successivi, la proiezione dell’omonimo film e una speciale conferenza-dialogo con l’artista, sempre coordinata da George Banu, da cui è emerso il carattere universale e comunitario di questo teatro. Lo spettacolo possiede una forma unica, in cui sono posti in risalto aspetti drammatici dell’esistenza quali la malattia e la deformità, incorniciati da strutture sonore bizzarre, da parole e dalla voce. Una conferenza importante, quella di Delbono, soprattutto per l’intendimento sotteso, ossia offrire un complesso di “commentari” relativi all’autenticità dell’emozione, dovuta a sua volta, in notevole misura, al carattere “imprevedibile” dell’interpretazione. È come il sogno d’una essenzialità teatrale ed espressiva, attraverso cui prende forma uno spettacolo quasi “brutale”, con rimandi alla storia personale e al ricordo della madre dell’artista. La forza dell’espressione e l’immagine delle deformità fisiche è prioritaria, così come lo è la condizione mentale causata da una malattia incurabile. Tutto ciò costituisce il materiale di una poesia gestuale dell’attore, corporea e caricaturale, all’interno d’un universo stridente con riferimenti al simbolico e al religioso.

Vangelo, di Pippo Delbono (ph Sebastian Marcovici)

Assai significativa la presenza di Brodsky/Baryshnikov (regia di Alvis Hermanis) di Mikail Baryshnikov, un recital interpretativo di versi del poeta russo-americano Joseph Brodsky, Premio Nobel nel 1987. Il montaggio dei testi propone una formula scenica contraddistinta dal richiamo alla fantasia del pubblico, dai giochi spaziali immaginari e surreali, guidati dalla parola dell’attante. Lo spettacolo è una sorta di conversazione tra l’artista e il poeta, mediante coordinate teatrali che danno accesso alla sensibilità intellettuale degli spettatori; una sensibilità contaminata dal piacere della riscoperta di questi testi da parte dell’artista.

Come ogni anno, il Festival ha poi voluto sottolineare l’importanza artistica anche del teatro russo, proponendo per questa edizione Minetti, spettacolo del Vakhtangov State Academic Theatre of Russia, per la regia di Rimas Tuminas. Una densa tessitura teatrale dall’allure carnevalesca, con soluzioni tecniche eccezionali, un minuzioso perfezionismo e un contrappunto tra i “Leitmotive” di movimento e il discorso situazionale. Una composizione in cui predomina l’ethos slavo.

Cresce inoltre sempre di più nel panorama dei festival di teatro europei – e non solo – la presenza di artisti cinesi. Il Festival di Sibiu 2017 ne ha dato un esempio con proposte sia contemporanee, sia strutturate secondo la ritualistica tradizionale, ove quest’ultima reinterpreta lavori del repertorio classico europeo. Una tendenza che emerge con la compagnia Shaoxing City Performance e lo spettacolo Romeo e Julieta d’Oriente, assumendo accenti più forti nelle due contrastanti formule del Macbeth shakespeariano proposta dalla compagnia Our Theatre/Ryuzanji Company, un tentativo performativo basato sul musical; o nello spettacolo della compagnia Tang Shu-Wing Theatre Studio, versione combinata di teatro tradizionale cinese, arti marziali e pulsazioni ritmico-rituali.

Shaoxing City Performance, Romeo e Julieta d’Oriente (ph Dragos Dumitru)

La sezione romena – come d’altra parte tutte le produzioni del Teatro Nazionale «Radu Stanca» anche al di fuori del Festival – presenta due allestimenti firmati dal regista Silviu Purcărete, Faust e Metamorfoze, spettacoli dominati dalla grandiosità, da formule che puntano a vasti spazi, alla massa umana, al monumentale. Per Metamorfoze la scena si trasforma in un bacino di acqua, in cui scorrono cascate di simboli, situazioni grottesche, composizioni ludiche.

Ulteriori catalizzatori d’attenzione sono gli spettacoli a indirizzo sociale, verso cui si dirige la nuova drammaturgia romena e di cui fa parte l’autore e regista Bogdan Georgescu, presente al Festival di Sibiu con gli spettacoli Anti-socialMinor e Mal/Praxis.

La partecipazione dei teatri di Bucarest si traduce nella presenza di registi navigati della scena romena. Andrei Șerban, del Teatro Odeon, con Soldatul del ciocolată, un’opzione visuale verticale, a quinte multiple che consentono apparizioni e sparizioni dei personaggi, i quali, a loro volta, partecipano a situazioni dal piglio naïf. Altro ospite è stato Mihai Măniuțiu del Teatro Notara, con Iarna: un universo visivo di sfumature di bianco, nero e grigi neutri, con trasparenze di volumi e corpi.

Metamorfoze, di Silviu Purcărete (ph Dragos Dumitru)

Un’altra sezione del Festival in continua espansione è dedicata alla danza, con compagnie israeliane di prestigio: in prima fila nomi quali Ohad Naharin – presente anche in conferenza dedicata – e la Batsheva Dance Company. Lo spettacolo Naharin’s Virus propone formule coreografiche sulla base di un testo di Peter Handke, nell’ambito d’una concezione performativa intrecciata con storie personali dei danzatori, espresse attraverso il corpo. Nel corso della conferenza, Naharin ha illustrato le relazioni tra il fondamento tecnico e la dimensione filosofica dello spettacolo.

Due le proposte di Vertigo, un’altra compagnia israeliana sovente incontrata al Festival: Vertigo 20 e Yama, entrambe con la coreografia di Noa Wertheim. e parimenti contraddistinte da formule conflittuali, espressioni violente, elementi di virtuosismo tecnico, il tutto orientato verso attitudini coreografiche dal climax rituale.

Di differenti provenienze sono, invece, gli spettacoli di strada, il cui punto di forza è la realtà francese, con la Compagnia P.I.P.O. T.O.T.A.L e il suo Deambuloscopy (desing di Geffroy Philippe). La compagine propone macchinari accompagnati da massicce dosi di spettacolarità (in un’atmosfera movimentata dal timbro degli strumenti, valori modali del discorso melodico, stridori sonori), elementi circensi, arte cinetica, visioni surreali da cui prendono forma racconti immaginari. Un universo mosso dalla meccanicità e dal sincronismo, in una ricchezza di maschere, di situazioni comiche culminanti in fuochi d’artificio.

Compagnia P.I.P.O. T.O.T.A.L, Deambuloscopy (ph Sebastian Marcovici)

Medesimo il registro della compagnia Cie Remue Menage, con Abysses II, per la regia di Loic Delacroix. Un mondo acquatico con pesci e cavallucci marini, figure di animali subacquei di grandi dimensioni costruite con materiali trasparenti che irradiano luce ed effetti ottici. L’allure dell’intero spettacolo è data dalla fusione compositiva musicale, tratta da fonti sonore ritmate e melodiche, con suoni elettronici sovrapposti a modulazioni, in risposta ai movimenti delle luci e del laser. Il secondo spettacolo, Abysses, pone piuttosto l’accento su elementi circensi e piroctecnici. Medesimo registro per la compagnia francese Planéte Vapeur, con Microcosmos, un notturno di insetti giganti, sorta di dialogo tra la meccanicità e le forme flessibili che irrorano colore e lucentezza con sfumature da pellicola fantascientifica. Il risultato è una riproduzione del comportamento degli insetti, che suscita un curioso legame con lo spettatore e con le sue paure, avvinghiandolo in una densa ragnatela cromatica.

Simili gli stratagemmi della compagnia Demain on Change Tout e di Magnetic somnambulist. Un enorme repertorio di figure e l’accenno a una forma umana gigantesca e stilizzata, imponenti e fantasiose marionette, il tutto sostenuto da un intenso e vibrante supporto sonoro.

La sezione del teatro di strada ha goduto anche della strabiliante presenza delle compagnie italiane, in particolare del Teatro dei Venti, con Simurgh, per la regia di Stefano Tè. Una riduzione del Verbo degli uccelli, opera poetica scritta all’inizio del millennio scorso da Farid ad-Din Attar. Qui a farla da padrone sono coreografie di volo, suggestioni di rotte aeree in cui si impegnano performer travestiti da upupa. Della medesima compagnia è La danza del dragone: un salto nella pirotecnica, che inscena una leggenda creatasi attorno alla figura fantastica d’un dragone e in cui l’acrobazia suggerisce le linee narrative.

Memore dell’energia della Commedia dell’Arte, il Teatro Laboratorio Isola di Confine, con la regia di Valerio Apice e lo spettacolo The Rhythm of Pulcinella, si distingue per una formula tanto di recupero quanto di ostentazione delle tendenze teatrali proprie di quest’area – dal teatro d’improvvisazione alle allusioni all’opera lirica – dove a sostenere lo spettacolo è l’elemento musicale.

Importante è stata anche la prestazione delle compagnie più piccole. Il Groupe Demons et Merveilles con Les Poules, noto per le figure e i costumi bizzarri e per l’azione “spontanea” tra i passanti di strada. Qui non c’è alcun dispendio di artifici teatrali, ad eccezione della spettacolarità dei costumi.

Groupe Demons et Merveilles, Les Poules (ph Calin Muresan)

Le Fausse Cie, con Song of the Horns, offre anch’essa impressioni musicali attraverso diversi strumenti, interagendo direttamente con il pubblico, anticipandone le reazioni e saggiandone di volta in volta la disposizione.

Sugli acrobati hanno puntato, invece, le compagnie tedesche Geschwister Weisheit – High wire Troupe con Giant Sway PoleArta curajului In equilibrio stabile, per la regia di Peter Mario Weisheit. Numeri rischiosi a diversi metri di altezza hanno vivificato l’atmosfera delle vie e contribuito ad arricchire l’aria festivaliera per la città.

Infine, lo spettacolo Pss Pss creato dalla Compagnia Baccalà e dal regista Louis Spagna ha inaugurato la sezione dedicata al circo moderno. Eccellente la comicità ottenuta con mezzi minimi, nonché la presenza del performer e del suo repertorio acrobatico. Così anche le compagnie australiane Circa Contemporary Circus e Gravity&Other Mythts, che hanno dato vita a uno spettacolare dialogo tra la corporeità e le percussioni, tra parti del corpo umano e la tensione del rischio.

L’obiettivo prioritario del Festival Internazionale di Teatro di Sibiu era – e resta – quello di essere un’equilibrata combinazione di valore artistico, prestigio e cultura associati a una gestione ragionevole e sostenibile. Secondo il presidente Chiriac, il costante ampliamento del Festival, anno dopo anno, e il crescente numero di eventi sono una necessità «davanti alle sfide che la vita ci obbliga ad affrontare, per trovare soluzioni ideali a quanto reclama il mondo teatrale di oggi e per valorizzare l’unicità degli artisti».

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